Alla scoperta di una delle patologie adolescenziali (ma non solo!) più frequenti. Anoressia, scomparire per apparire

Scomparire per conquistare quella fetta di attenzione agli occhi degli altri di cui ci si sente privati. Scomparire per apparire, insomma. E’ una delle ambivalenze tipiche che connotano l’anoressia, il disturbo del comportamento alimentare più frequente nelle giovani donne: una fascia di età che peraltro si sta estendendo in maniera preoccupante in entrambe le direzioni: sotto i dodici anni e sopra i venticinque. Si possono dare svariate definizioni dell’anoressia, più o meno esaurienti. Ma alla fine il sinonimo più comprensibile è forse uno solo: mal d’amore. Lo sottolinea più volte Luca Littarru, un esperto in materia. Infermiere professionale, Luca è attualmente il coordinatore del centro diurno a Villa Maura, che ospita giovani psicotici. Alle spalle tre anni nel reparto di Neuropsichiatria dell’Età Evolutiva presso il Mondino, dove sono stati numerosi i trattamenti nelle fasi acute dell’anoressia: dagli interventi salva-vita in ragazze ormai quasi “trasparenti” alla presa in carico complessiva verso il ritorno alla vita normale.

scritto da Daniela Scherrer, addetto stampa Ains onlus e giornalista de IL TICINO, Pavia

- Che definizione si può dare dell’anoressia?
“Sotto il profilo psicologico l’anoressia può essere definita come una lotta d’amore con se stessi e con gli altri. E’ un rifiuto di ogni nutrimento: non solo cibo, ma anche affetto, amore. E’ il desiderio di scomparire come ultima forma di comunicazione ritenuta possibile”.
- Perché chi soffre di anoressia punta alla magrezza eccessiva?
“Perché punta ad un modello di bellezza stereotipata, irraggiungibile, da amare e odiare contemporaneamente. Non è per niente vero che chi soffre di anoressia non ha fame, semplicemente per esercitare il controllo estremo su se stesso rifiuta qualcosa che desidera. Oppure mangia e poi va subito a vomitare, in una sorta di ambivalenza tipica della patologia. Ma è in fondo il riflesso dell’ambivalenza di tutta la società: da una parte ti propongono modelli esasperati di consumo di generi alimentari, dall’altra però ti trasmettono il messaggio che magrezza è sinonimo di successo, di perfezione. Avete mai visto un profumo pubblicizzato da una donna in sovrappeso?”
- Chi è più a rischio di anoressia?
“Innanzitutto va detto che tre milioni di italiani (su 56 milioni) soffrono di disturbi del comportamento alimentare, più o meno gravi. E questo è un primo dato significativo. Il 90% di malati di anoressia è costituito da donne e la fascia di età principalmente colpita è tra i 12 e i 25 anni, anche se adesso sono in aumento i casi in età infantile come quelli nella fascia tra i 45 e i 55 anni. Di solito è occidentale e, nel 70% dei casi, appartiene al ceto medio-alto. Un ultimo dato, infine, che ho potuto constatare dalla mia esperienza personale: la ragazza anoressica è sempre molto bella o molto intelligente oppure molto ricca. Oppure tutte e tre le cose insieme. Una persona che, in virtù del proprio status, ambisce alla perfezione”.

- Perché l’anoressia è tipicamente “donna”? Che spiegazione si può provare a dare?
“L’anoressia è una forma di distruzione, di aggressività. L’uomo tendenzialmente è più portare a dirigere la propria aggressività verso l’esterno, la donna verso l’interno, nei confronti di se stessa”.
- E quindi quale può essere il corrispettivo maschile della donna anoressica?
“Il bullismo a scuola, il nonnismo in caserma, le violenze sulle donne oppure negli stadi…Dietro ognuno di questi casi c’è sempre un maschio profondamente infelice, come nel caso di una donna anoressica”.
- Si è detto che l’anoressia è in crescita anche nella fascia di donne intorno ai cinquant’anni. Come mai?
“In alcuni casi si tratta di un disturbo sottovalutato in passato, quando ancora l’anoressia non era un fenomeno considerato e trattato su vasta scala. La donna magari è riuscita a controllare il disturbo come malattia vera e propria, ma non come forma emozionale. E quindi riesplode nel momento in cui gli anni passano, le rughe rischiano di offuscare un po’ la bellezza, i figli se ne vanno di casa e il marito ti guarda un po’ meno…Ed ecco che gli antichi meccanismi tornano a rimettersi in moto”.
- Quali possono essere le cause di questa malattia?
“Alla base dell’anoressia c’è sempre una situazione di profonda infelicità, di depressione, di deprivazione affettiva. In famiglia spesso c’è una madre troppo assente oppure, al contrario, troppo presente ossessivamente. Oppure un padre defilato dalla vita familiare. Non parliamo di colpe dei genitori, ma di situazioni oggettive”.
- Ma non è solo l’ambiente familiare da ritenersi responsabile…
Certamente no. Stiamo parlando di fasce soprattutto adolescenziali e quindi che hanno i riferimenti imitativi nel mondo della scuola. L’anoressia spesso inizia subdolamente: la compagna più bella da imitare, la voglia di attirare su di sé l’attenzione dimagrendo in tempi rapidissimi, l’ambizione di entrare a far parte del gruppo di amiche più “alla moda”… Tutti surrogati dell’amore, ma che soprattutto a quell’età appaiono sempre meglio del nulla, dell’indifferenza”.
- Dall’anoressia si può guarire clinicamente e quali sono le armi da “tirar fuori” per combattere la malattia?
“Assolutamente sì. Le armi? Soprattutto l’accettazione del fatto che la vita ha diverse valenze, non solo il modello assoluto di bellezza. E poi va percorsa una strada affettivo-relazionale al fianco della propria famiglia per guarire quello che è sostanzialmente un grande mal d’amore”.
- Quindi è fondamentale includere anche i familiari nel cammino di cura?
“E’ necessario lavorare fianco a fianco dei familiari. La famiglia deve sapere che non c’è nulla di che vergognarsi nell’avere una figlia che soffre di anoressia. E deve anche sapere che più tardi decide di uscire allo scoperto e più difficile diventa curare la malattia”
- Qualche consiglio allora ai genitori: quali sono i “campanelli d’allarme” che devono far sorgere il sospetto di anoressia nei figli?

“Una magrezza evidente, naturalmente non costituzionale, e soprattutto l’amenorrea (mancanza di mestruazioni) perdurante da almeno tre mesi. Poi anche degli atteggiamenti della ragazza, che magari si assenta dalla tavola appena terminato l’ultimo boccone: potrebbe essere il segno di un collegamento immediato piatto-tazza del water. E infine direi anche la tristezza, associata a cambiamenti umorali, depressione, tendenza alla solitudine. E’ difficile che una ragazza anoressica abbia amici o sia fidanzata: non ha amore in quel momento per se stessa, figuriamoci per gli altri”.
- Un’ultima domanda: da uomo che cosa ha imparato da questa sua esperienza al fianco di pazienti anoressiche?
“Ho innanzitutto avuto la conferma di quanto il genere femminile sia più sensibile ed emotivo rispetto a quello maschile. L’anoressia è un’estrema capacità di espressione, di comunicazione di certe emozioni che urlano più delle parole. Anche se spesso si tratta di un urlo sordo, che resta inascoltato fino a quando la malattia non esplode mettendo a rischio la vita stessa”.

A chi rivolgersi a Pavia

A Pavia sono due le strutture pubbliche che sono specializzate in anoressia. Presso la Clinica Neurologica Casimiro Mondino, nel reparto di neuropsichiatria infantile storicamente guidato dal prof. Giovanni Lanzi e attualmente diretto dalla prof. Elisa Fazzi, il responsabile dei problemi di anoressia è il dottor Giorgio Rossi.
E’ anche possibile rivolgersi al servizio di neuropsichiatria infantile dell’Asl.


Quel che resta del corpo

“Quel che resta del corpo” è il titolo del cortometraggio prodotto da AINS la cui regia e sceneggiatura è stata curata proprio da Luca Littarru insieme a Lorenzo Marvelli. Sarà presentato a Pavia dopo Pasqua, dura ventisei minuti, ha richiesto tre anni di lavoro e parla appunto di anoressia. L’aspetto più significativo è che a raccontare la malattia sono due giovani donne, rispettivamente di 24 e 26 anni, uscite dal tunnel dell’anoressia e quindi capaci di parlarne in chiave strettamente personale. Un atto di grande coraggio quello di accettare di apparire dopo aver tentato per anni di scomparire. Una protagonista e il suo “doppio”, davanti allo specchio, per evidenziare le tante ambivalenze dell’anoressia. Davvero un lavoro bello e coraggioso.


Cinque sintomi per accorgersi della malattia

L'anoressia nervosa viene diagnosticata nel 90 % dei casi a pazienti di sesso femminile.
I criteri standard raccomandati dai manuali psichiatrici per fare diagnosi di anoressia nervosa sono attualmente:
1. una magrezza estrema (non costituzionale) con rifiuto di mantenere il peso al di sopra di una soglia minima di peso ritenuta normale (il peso del soggetto deve essere sotto l'85% del peso previsto in base all'età ed alla altezza e/o l'indice di massa corporea - BMI -inferiore a 17,5)
2. una forte paura di ingrassare anche in presenza di un evidente sottopeso
3. una preoccupazione estrema per il peso e l'aspetto fisico, che includa sia una alterazione del vissuto corporeo, sia una importanza eccessiva data al peso nei riguardi della propria autostima, o ancora il rifiuto di ammettere la gravità delle proprie condizioni fisiologiche
4. nei pazienti di sesso femminile, un'amenorrea (sospensione del ciclo mestruale) che dati da almeno tre mesi.
5. spesso, ed è difficile accorgersene, i soggetti affetti da anoressia nervosa sono bugiardi con se stessi e con gli altri e fanno di tutto per nascondere questa loro malattia.
Non è necessario avere tutti i parametri, in alcuni casi ne basta anche uno solo per diagnosticare la malattia

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