Ong prendetevi una pausa

Considerazioni e provocazioni sulla cooperazione di un volontario che da lunga data lavora nei paesi poveri

di Massimo Serventi

Scrivo alcune riflessioni che sto maturando da tempo. L'esperienza di lavoro in Sri Lanka(nota 1) con una delle tantissime ONG che 'volevano' aiutare nel post-tsunami ha rinforzato un'opinione generale che avevo in pectore. Divento ogni giorno piu' convinto che l'approccio delle ONG in ambito di cooperazione sia sbagliato. ONG tutte, estere ed italiane, quella per cui lavoro oggi inclusa. Credo che il sistema "intervento a progetto" sia da abbandonare o comunque da rivedere. Credo che i Paesi poveri necessitino di danaro e infrastrutture piu' che della presenza di espatriati e di ONG. Voglio commentare i passaggi di un intervento a progetto. L'ideazione e la stesura di un progetto Non e' vero (io in 25 anni di lavoro in Africa non l' ho mai visto tale) che un progetto venga concepito e scritto con la controparte locale. Affermarlo equivale a dire una bugia. L'iter di progetto e' un altro: la ONG viene a conoscenza che in un determinato settore o area geografica ci sono dei bisogni (anche logici...nel mare delle necessita' di un Paese povero), si fa 'sotto'(spesso e' gia' conosciuta dalle autorita' locali per precedenti progetti) e promette di interessarsi. Deve cioe' trovare il finanziatore. Il progetto sara' ideato e strutturato in Italia (non in Africa) con l'attenzione di adattarlo alle preferenze del finanziatore (oggi 'tira' molto la 'lotta alla trasmissione HIV' per la quale c'e' una massa enorme di danaro a disposizione).Vengono raccolti un po' di dati in loco, si organizza magari una visita di 2 giorni con colloqui e raccolta di notizie e si torna in Italia per 'buttare giu' il progetto. La stesura di progetto impiega notevoli risorse di tempo, danaro e persone che lo sanno fare. Costoro sono ricercati dalle ONG come il pane e si capisce perche': da come e' scritto un progetto (in un buon inglese, con le parole 'di moda',con la struttura richiesta) dipende la sua accettazione da parte del finanziatore. Ossia dipende la sopravvivenza della ONG che appunto sta in piedi se continua ad avere progetti approvati( il 7% dei budget e' previsto che vada alla voce 'amministrazione in Italia'). Quando il progetto sara' pronto e felicemente approvato per il finanziamento esso verra' presentato alla controparte locale che immancabilmente lo accettera', in tutte le attivita' previste. In altre parole la musica e la danza sono decise da chi ha i cordoni della borsa. Non mi pare che fino a qui ci sia tanta differenza fra una ONG e una ditta che fa una diga e presenta la sua offerta-proposta di intervento. I contenuti Un progetto- tipo ha una vita di 2 o 3 anni. Rinnovabili, ma non sempre. Ce ne sono anche di 6 mesi(!). Come sia possibile in un tempo cosi' breve provocare un cambiamento non se lo chiede nessuno. Un progetto-tipo beneficia di un budget che spesso supera quello che ha la controparte per il normale espletamento di un servizio , della salute per esempio, in un determinato distretto (pur sempre non si omette mai di scrivere che il progetto e'e sara' sostenibile....). Se oltre a quella ONG ce ne sono altre operanti nello stesso settore si capisce quanto disturbo il tutto rechera' all'amministrazione locale. Il danaro che pro-viene dall'esterno provochera' non poche ripercussioni nel tessuto sociale del posto, tipo aumento del prezzo degli oggetti sul mercato locale(inflazione), appetiti e corruzione fra i leaders, fuga di quadri qualificati dalla struttura pubblica verso la ONG che paga meglio, disaffezione al lavoro di coloro che non hanno la fortuna di essere impiegati dalla ONG, disturbo e confusione recati all'amministrazione locale(spesso debole) che deve continuare a con-vivere con il budget di sempre e si trova a dirigere/controllare le attivita' di ONG straniere. Questo disagio si acuira' alla fine del progetto, quando fondi e mezzi improvvisamente non ci saranno piu' e si dovra' ritornare alla penuria di sempre. Sostenibilita' e' una parola chiave che pero' non trova riscontro nella realta'. Chi poi ha lavorato per la ONG non si ri-adattera' piu' a lavorare nel settore pubblico del suo Paese, una perdita secca di risorse umane. La Stesura del progetto. Un progetto-tipo viene formulato secondo gli schemi classici : obiettivi,risultati attesi,attivita previste,risorse impiegate,monitoraggio e valutazione. Se non reca il quadro logico esso ha poche possibilita' di successo,ossia di essere finanziato. Sulla carta tutto fila liscio, tutto sembra...logico. Nella realta'gli obiettivi sono quasi sempre disattesi (come si puo' raggiungerli in soli 2/3 anni di presenza!?) , i risultati attesi sono anche essi non raggiunti, le attivita' previste sono scelte e condotte dalla ONG e ben poco dalla controparte, le risorse impiegate sono sproporzionate al contesto di poverta' generale del posto, il monitoraggio e valutazione ...sono semplicemente non eseguiti, oppure raffazzonati alla meglio per salvare la faccia presso il finanziatore(vita vissuta, di anni). Trovo ben poco 'logico' questo modus operandis. Gli espatriati Nel corso del progetto gli espatriati spesso fanno dell'esecuzione delle attivita' in tutte le loro componenti l'obiettivo principale del loro operato, la giustificazione del loro esserci.Questo perche' dalla sede in Italia arrivano calde raccomandazioni a seguire accuratamente le voci di progetto, a stare nel budget(assolutamente!) pena i rimproveri da parte del finanziatore e la possibile squalificazione per progetti futuri. Non si riflette che altri sono i risultati a cui tendere, che lo sviluppo e' un processo globale, in continua evoluzione, che deve passare attraverso un cambiamento endogeno e prevedere dunque risorse umane e materiali locali.(nota 2) Progetto dunque che diventa un corpo estraneo, che ha un budget sproporzionato, che ha vita limitata: non stupisce che la controparte locale lo 'subisce' e alla fine di esso tutto ritorna come prima(quanti ne ho visti!). Per poi lamentare il fatto che 'via noi tutto si e' guastato'. Ammesso che servano e/o che servano tutti quelli inviati lo stipendio degli espatriati , i loro benefici e condizioni di vita non c'entrano nulla con il 'lavoriamo con l'Africa'. Non pochi missionari dicono che la dizione 'lavoriamo grazie all'Africa' sia piu' giusta.(Nota 3) La si giri come si vuole, che la vita in Europa costa cara, che si e' lasciato un lavoro piu' remunerativo, che ciascuno e' libero di aiutare l'Africa con il suo stipendio, che al ritorno si avranno difficolta' economiche e di lavoro....il fatto resta, ossia che stipendi 15-20 volte superiori a quelli degli omologhi locali sono un vero paradosso se poi ci si vanta di essere 'volontari' o comunque di condividere la vita e il lavoro con i colleghi locali. C'e' differenza fra chi lavora per una ONG e chi lo fa per una ditta? Non mi pare e di certo tale differenza non e' percepita dai locali ( che tra l'altro ben conoscono l'ammontare degli stipendi dei 'volontari'). ONG uguale ditta...potrebbe suonare provocatorio ma resta solo la dizione di 'non-profit' a distinguerle. La concorrenza che si fanno le ONG e' cosa nota, ci si confronta sul numero dei progetti approvati in corso e/o sul budget annuale complessivo. Non-profit....pur sempre una ONG impiega personale in Italia ( un buon impiego,sicuro) trova lavoro all'estero a giovani disoccupati(vero!), fa 'profit' attraverso continui finanziamenti e donazioni da privati che mantengono tutti al caldo. Ho conoscenza di progetti dove il 60% del budget era per la voce 'stipendio agli espatriati', uno di essi ero io. Ci si aggiungano i costi delle assicurazioni, dei viaggi AR, delle missioni di valutazione, delle case e uffici in loco, della gestione in Italia e si arriva ad oltre il 75% del budget totale, soldi di cui i poveri ,che si dice di voler aiutare, neppure vedono il colore.(nota 4) Le alternative Fossi un leader africano accetterei solo espatriati pagati dalla (mia) struttura pubblica. Alla pari quindi degli omologhi locali.(nota 5) Li impiegherei laddove ho dei buchi, delle necessita'di copertura di un servizio. Se nessuno verra' a queste condizioni sapro' trovare alternative in loco, in altri Paesi africani per esempio. Fossi un leader locale e avessi bisogno di un intervento dall'esterno in una determinata area o settore impiegherei ONG (Internazionali ma anche locali) per attivita', piani di azione, programmi che i miei esperti hanno individuato e quindi pianificato. Impiegherei una ONG come farei con una ditta che (mi) fa strade. Essa dovra' agire nel pieno rispetto delle condizioni da me poste, con penali in caso di non aderenza. Darei la priorita' a ONG locali, quelle valide, di provata fiducia. Ho conosciuto alcune di queste ONG locali: l'impatto e' piu' incisivo di quello delle ONG straniere.(nota 6) Conoscere la cultura locale, la storia, le dinamiche socio-politiche, essere neri fra i neri, conoscere il contesto ha indubbiamente un valore aggiunto. Fossi un leader locale cercherei di centralizzare e standardizzare i programmi, gli interventi globali. Per esempio mi prenderei in carico il programma di lotta all'AIDS, e non lo lascerei in mano alla gestione di una miriade di ONG straniere.(nota 7) Allo stesso modo come avviene da anni per il programma di vaccinazioni che e', si , finanziato dall'esterno ma gestito interamente dalla struttura locale. Fossi un leader africano cercherei di creare delle scuole locali per manager di settore.Chiederei ai donors di aiutarmi in tal senso. Scuole con docenti locali, incentivati, che conoscono le molteplici realta'e dinamiche sociali del loro Paese, che sanno essere innovativi e introdurre strumenti di management piu' adeguati al contesto, senza dover sempre e comunque seguire i dettami della intellighentia internazionale, come e' avvenuto fino ad oggi. Fossi una ONG italiana farei una pausa (lunga) di riflessione .Cercherei di leggere i tempi che sono mutati. Oggi i Paesi poveri hanno formato quadri professionali adeguati a condurre in porto progetti e/o interventi : diventa un paradosso inviare medici,ingegneri,agronomi espatriati laddove medici,ingegneri,agronomi locali emigrano in altri Paesi(spesso i nostri!) in cerca di salari migliori. Cercherei di capire e convincermi che lo sviluppo parte e si autoalimenta all'interno delle coscienze locali, si manterra' nel tempo solo se la struttura e amministrazione del posto saranno intervenute attivamente. Terrei presente che gli africani hanno ancora nel sangue il ricordo del periodo coloniale, quando furono forzati a perseguire il loro sviluppo. Via, si aprano gli occhi e si abbia l'onesta' di ammetterlo, ci accettano in casa loro in quanto portatori di beni,danaro e mezzi che lasceremo alla nostra partenza. In 25 anni posso dire di aver conosciuto solo 2-3 espatriati che furono accettati come veri portatori di valore e beneficio intrinseci aggiunti, uno di essi purtroppo non sono io. Fossi un ente finanziatore cercherei di essere veramente dalla parte dei Paesi poveri, con onesta' intellettuale. Richiederei certo di osservare le regole di buona governance e lotta alla corruzione. Ascolterei pero' le richieste dei Paesi Poveri e cercherei di fidarmi. Sarei conscio che i Paesi poveri necessitano di ottenere scambi commerciali (piu') equi, di promuovere la produzione agricola interna, insomma piu' giustizia e meno aiuto. Mi orienterei anche a sostenere le ONG e i quadri locali invece di inviare e pagare espatriati e ONG straniere. Se proprio di 'espatriati' ne voglio usufruire cercherei di impiegare professionisti di altri Paesi africani, che porterebbero in aggiunta l'esperienza accumulata nei loro Paesi di origine, gran bella cosa.(nota Fossi un donatore privato 'investirei' i miei soldi nell'istruzione(lo faccio!), quella fatta da maestri africani per bambini africani. L'istruzione e' alla base di tutto, viene prima ancora della salute(...e sono medico). Istruzione significa partecipazione, parita' di genere, salute, giustizia sociale, liberta'. Istruzione significa cambiamento, endogeno, duraturo. Una donna istruita avra' una famiglia piu' sana, meno numerosa, piu'...istruita a sua volta. L'Africa ha un potenziale enorme di giovani che vogliono studiare: la loro famiglie si impegnano per aiutarli. Purtroppo le condizioni di poverta'spesso non lo permette, e questo rappresenta un enorme perdita di risorse locali. Ci sono infinite possibilita' di aiuto nell'istruzione, stranamente pochissime ONG se ne occupano. Forse non trovano spazi per fare progetti ad hoc o forse non ci sono finanziatori in tal senso. Conclusione L'approccio delle ONG e delle Agenzie Internazionali, incluse le varie Cooperazioni annesse alle Ambasciate, pecca di eurocentrismo. Noi li sviluppiamo...in modo piu' 'umano' del tempo coloniale, pur sempre la danza la conduciamo noi. Cio'sembra inevitabile essendo l'uomo portato a considerare inferiore colui che chiede un aiuto. O che e' comunque povero. La stesura dei progetti, la scelta delle azioni, il modus operandi delle ONG sono modellati su paradigmi teoricizzati nel/dal mondo ricco, nelle scuole di Public Health europee. Fra i teorici ci sono tanti che hanno 'visto e vissuto' l'Africa in sporadiche occasioni o al massimo ci hanno lavorato per pochi mesi e... anni orsono ( molti conducono una carriera dorata nelle agenzie ONU di cui e' pieno il mondo). Nessuno di essi e nessuno degli espatriati di una ONG o Agenzia Internazionale ha mai lavorato in vita sua nelle condizioni di mancanza di mezzi e danaro come e' invece la norma di un contesto africano. Un distretto, un ospedale, un dispensario sopra-vivono con continue difficolta' e aggiustamenti, inclusa la disaffezione del personale sottopagato, i furti inevitabili, le mancate forniture dal centro, la corruzione. Sono a parer mio tutte conseguenze della poverta' estrema, condizione che come ho scritto non appartiene alla vita degli espatriati ed esperti sopra menzionati. In questo contesto resta per me un paradosso ( lo e' tanto!) la pretesa di andare in Africa e fare della 'capacity building'. E' un po' come se un cittadino benestante volesse insegnare ad un montanaro come vivere isolati, utilizzando i prodotti della natura e ...senza supermercato. Oppure come insegnare ad un etiope a correre lunghe distanze....per di piu' scalzi. Introdurre in un contesto di poverta' soldi e mezzi a iosa come avviene nei progetti significa ingenerare il concetto che la buona gestione sia possibile solo se ci sono fondi e tanti ( 'ci' piace invece insegnare ai locali che cosi' non deve essere!). Nota 1) Sri Lanka con Cuba mostra da anni i migliori livelli di salute nel mondo in rapporto al PIL dello Stato, grazie a scelte coraggiose e lungimiranti che il Paese stesso ha fatto, senza l'intervento di 'esperti' esterni. I servizi di istruzione e sanita'sono completamente gratuiti, da sempre. Eppure le ONG e Agenzie Internazionali che hanno "invaso" il Paese nel post tsunami mantengono progetti e interventi ancora oggi, anche nel settore salute. Sara' cosi' fino a quando i finanziatori elargiranno fondi. Vero, molte ONG si stanno ora spostando in Sud Sudan dove la massa di danaro sta appunto dirigendosi. L'Afghanistan e'da anni un altro eldorado per le ONG . Nota 2) Sarebbero preferibili parole di apprezzamento per i colleghi e i leaders locali alle critiche,reprimenda,accuse che ancora continuo a sentire fra i colleghi espatriati. Credo che in parte cio' sia dovuto a quella che chiamo ansia di progetto, incrementata dalla sede in Italia a sua volta ansiosa di mandare progress reports positivi al finanziatore. In generale facendo attenzione sempre e solo al (buon) sviluppo del progetto si arriva a disinteressarsi della gestione locale, e a volte anche la si calpesta perche' ritenuta di impedimento al raggiungimento degli obiettivi previsti nel progetto. Nota 3) In 25 anni di cooperazione ho mantenuto (bene) la mia famiglia e ho 2 case in Tanzania.Posso ringraziare le ONG che mi hanno assunto e ...l'Africa che e'stata e continua ad essere nel bisogno(sic) della mia presenza. Nota 4) Si accusano le agenzie internazionali come l'UNICEF di spendere un' alta percentuale del budget in spese amministrative ma si dovrebbe guardare anche in casa nostra. Come l'UNICEF si e'capaci di stimolare le donazioni di tanti attraverso brochures che mostrano bimbi malnutriti o persone affette da AIDS. Nota 5) La ONG inglese VSO invia studenti laureati di madre lingua a lavorare nelle scuole africane dove sapere l'inglese e' assai importante. Sono pagati alla pari dei colleghi locali, fanno un servizio di 2 anni, rinnovabili. Non hanno progetti con se', rispondono a delle esigenze locali. I loro obiettivi sono quelli della scuola( e del Paese) dove lavorano, ossia migliorare la padronanza della lingua inglese nelle scuole. Nota 6) Si indulge nel dire che le ONG locali non sono affidabili. Puo' essere e lo saranno fintanto che saranno emarginate e tagliate fuori dai canali di finanziamento di cui godono le ONG internazionali. Sono convinto che se i leaders di ONG locali percepissero lo stesso stipendio degli espatriati di ONG , essi farebbero un buon lavoro, non ruberebbero e manterrebbero efficiente e vitale la loro ONG. Nota 7) Sto assistendo al proliferare di ONG internazionali (e locali) che si dedicano alla lotta contro HIV/AIDS. Ognuno con progetti, modalita' e filosofie di intervento propri. Mi riferisco a quelle ONG che sono contrarie alla promozione del preservativo , a quelle che prevedono aiuto di cibo ai malati di AIDS, a quelle che addirittura negano l'efficacia dei farmaci antiretrovirali. Operano in casa d'altri ma si sentono legittimate a farlo senza ottemperare alle linee guida della Nazione che li ospita. Linee guida che ci sono, chiare, ben formulate. Nota Credo che noi bianchi portiamo nei nostri recessi mentali la convinzione di essere piu'competenti, efficienti, preparati dei colleghi locali. Ci deriva da anni di colonialismo dei nostri padri e dal fatto di essere enormemente piu' ricchi. I tempi sono cambiati, sempre piu' personale qualificato locale chiede di lavorare e saprebbe farlo bene. Chi e' abituato da sempre a con-vivere nella penuria di mezzi e di vita ha anche maturato capacita' aggiuntive e certamente avrebbe da insegnare a noi come 'nuotare in acque difficili'.

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