Gli Ogm non piacciono ai pavesi

Interessano invece alle multinazionali che producono sementi e fitofarmaci necessari alla coltivazione.La Coldiretti: «Tutti i sondaggi dimostrano l’avversione dei cittadini»


GIOVANNI ROSSI, la provincia pavese, 18 marzo 2010


PAVIA. Per i credenti si potrebbe trattare della più sfacciata dimostrazione di superbia del genere umano, deciso a voler rifare la Creazione secondo i propri spiccioli interessi. Per i non credenti si tratterebbe del tentativo goffo di rifare in un battito di ciglia il percorso di millenni di evoluzione. Il Tema degli Organismi geneticamente modificati probabilmente, è solo il più semplice e classico conflitto tra gli interessi economici aziendali e quelli degli abitanti del pianeta. Un caso come tantissimi altri in cui gruppi di potere cercano di vendere un prodotto sul mercato globale al fine di fare utili alla propria ditta. Un Ogm è non altro che una creatura il cui bagaglio genetico viene modificato dall’uomo per i propri più svariati interessi. Basti ricordare la curiosità dei maialini fosforescenti che anni fa fecero il giro delle prime pagine dei quotidiani di tutto il mondo, mentre la fantasia oggi potrebbe portare a immaginare pesci che si arrampicano sugli alberi o angurie blu al sapore di minestrone. A far tornare di attualità un tema ormai vecchio almeno di un quarto di secolo è stata la varietà di patata Ogm chiamata EH92-527-1, prodotta da una multinazionale chimica tedesca. Un organismo creato in laboratorio e che dovrebbe essere coltivato solo a fini di trasformazione industriale e non alimentare, nei cui confronti l’Unione europea si dichiarata possibilista, nonostante nel 1998 in Europa si sia decisa la messa al bando degli Ogm. Dunque un caso più simbolico che pratico, che potrebbe servire da grimaldello per sfaldare del tutto le difese del vecchio continente nei confronti di un via libera agli Ogm. Intanto i cittadini stanno a guardare il braccio di ferro delle normative con una crescente preoccupazione. Secondo un recente sondaggio il 72% dei cittadini europei ritiene che i cibi contenenti organismi geneticamente modificati siano meno salutari rispetto ai cibi tradizionali. La patata è la quarta coltivazione vegetale al mondo dopo mais, riso e frumento. In Italia si producono circa 1,7 miliardi di chili di patate ogni anno, per una coltura orticola seconda solo alla coltivazione del pomodoro. Pavia, con 2 milioni e 700mila metri quadrati destinati alla coltivazione del tubero è la prima provincia lombarda. «Questa patata - spiega la Federazione provinciale Coltivatori diretti di Pavia - in realtà si aggiunge a 34 prodotti già autorizzati. Si tratta in totale di 19 mais, 6 tipi di cotone, 3 di colza, 3 di soia, 1 barbabietola, 1 patata e 1 microorganismo. Decisioni prese dal governo dell’Unione nonostante tutti i sondaggi dimostrino chiaramente l’avversione dei cittadini europei verso gli organismi geneticamente modificati. In particolare in Italia». Un no secco della Coldiretti che viene giustificato anche attraverso una semplicissima constatazione, cioè che la patata Ogm, nei fatti, avrà solo il vantaggio di far costare meno il processo industriale di estrazione dell’amido. «L’interesse delle multinazionali a promuovere la coltivazione di organismi geneticamente modificati - rincara la dose Giuseppe Ghezzi, presidente della Coldiretti di Pavia - è evidente: gli agricoltori dovranno acquistare semente esclusivamente dal proprietario di quel brevetto e i fitofarmaci necessari alla sua coltivazione saranno specifici e prodotti probabilmente dalla medesima multinazionale». Di fatto, l’imprenditore agricolo consegnerà il potere decisionale della propria impresa nelle mani della multinazionale. Di parere opposto Walter Cibrario, presidente pavese dell’Unione agricoltori, che si pone su una posizione di non chiusura nei confronti degli Ogm. «Gli agricoltori già dipendono dall’industria sementiera - spiega Cibrario - non possiamo chiudere la porta alla ricerca e sperimentazione. E poi siamo sicuri che già oggi non si usino prodotti contenenti materie prime geneticamente modificate?». Di certo lo scontro fra due modi ben diversi di intendere la produzione agricola: da una parte le produzioni dette commodities, senza volto e senza diversità adatte al mercato globale, potrebbero avvantaggiarsi, almeno temporaneamente, da organismi non naturali in grado di superare gli ostacoli al proprio sviluppo, quali caratteristiche climatiche e patologie.

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