il segreto dei suoi occhi

Ieri sera sono andato al cinema Anteo a vedere 'Il segreto dei suoi occhi'.
Ne è valsa la pena andare a Milano per assistere a questa proiezione.
Naturalmente bisogna andare all'Anteo per vedere film di questo genere, un luogo storico di promozione di libera cultura e libero pensiero.
Speriamo che questa 'polisala cittadina, questa agorà vera e non finta come le multisale dei centri commerciali, resista in questa Italia triste e soggiogata.
Quest'Italia dove la libertà di stampa è messa in mora quotidianamente e dove l'opinione pubblica non è più definibile come tale.
Ma questo lo sappiamo.
Deve 'solo' passare la nottata 'Il segreto dei suoi occhi' è un capolavoro.
Di storia e di poesia, come il grande cinema sa essere. Infatti, non a caso, questa pellicola ha conseguito un premio oscar.
E' una di quelle trame che ti tengono attaccato alla poltrona. Non c'è spazio per torpori o distrazioni.
Si segue istante per istante la storia e le storie che dentro di essa vengono dipanate.
C'è Buenos Aires dall'inconfondibile fascino misto a una velata malinconia.
Fa parte, da sempre, del gioco del continente Latinoamericano.
C'è l'Argentina degli anni a cavallo tra i Sessanta e i Settanta dalla storia controversa culminata in una voragine negativa con la dittatura militare e fascista di Videla e dei suoi sodali. Annientarono una generazione di giovani; li fecero sparire, da codardi e vigliacchi quali erano, con dei voli sopra il mare.
Ci sono tanti nomi d'italia a conferma del fatto che laggiù, nel cono americano, parecchi dei nostri 'vecchi', sono salpati dal pontile di 'questo Novecento', per andare a cercare 'fortuna' da quelle parti e per non morire di fame a casa propria. L'Argentina accolse: i pronipoti sono ancora là. Oggi noi invece ci permettiamo il lusso di fare i razzisti. Nostrani. E senza provare un minimo senso di vergogna. Perchè nessuno è straniero. E poi c'è una donna, bellissima e intelligente. Mediterranea e sensuale.
C'è un Idea di Giustizia, di ricerca di giustizia, prima affermata e poi demolita in un baleno dalla gerarchia del potere, violento, padrone, senza ritegno nel calpestare la mitezza dei giusti e per asservire e addomesticare, a sua volta, l'uso sconsiderato della violenza.
C'è un treno che se ne va, lasciando a terra sentimenti spezzati, come spesso accade. Perchè, ahinoi, troppo veri, troppo incarnati.
E una montagna di ricordi. Che tornano ma non travolgono. Che tornano e si incontrano.
Gli occhi e il loro magnetismo cromatico, e l'alfabeto silenzioso - ma eloquente - degli sguardi, sono l'immagine perfetta di questo suggello.
emanuele chiodini

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