Habemus Papam

Care amiche ed amici,
vi consiglio di andare a vedere "Habemus Papam" l'ultimo film di Nanni Moretti.
Checchè ne dicano alcune zucchette viola o rosse asserragliate nelle Mura Leonine; checchè ne dicano alcuni commentatori col vizio troppo smodato del fondamentalismo. Che non è mai zelo o intrasigenza: è semplicemente un atteggiamento incline al dogmatismo divenuto ideologia e sistema. Spesso per comodo e non per convinzione.
Intanto, qualora interessino, le opere bisogna conoscerle, studiarle, vederle nel caso di un film.
Poi si giudica.
E io, in questo caso, giudico bene.
La mia curiosità e' stata soddisfatta.
Qui non è in discussione la sacra figura del Papa e nemmeno la sensibilità credente.
E' vero, si gioca sulle umane debolezze, sulle cadute depressive che possono accadere ad un essere umano ad un certo punto della sua vita; sulle sue eventuali insoddisfazioni o non realizzazioni di vita. Come capita a tutti. Come capita a coloro che, pensando a se stessi e al loro ruolo - o non-ruolo - nella società, non possono non farsi interpellare da una sana, normale inquietudine.
Immaginatevi per chi ha incarichi di grande e grave responsabilità: a maggior ragione se l'ufficio e' svolto con coscienza.
Moretti, in velo, per questo subconscio scomoda Cechov e Melville.
Ma le parole che pronuncia il Papa riguardano direttamente questo grande organismo vivente denominato 'Chiesa'; e la riguardano da vicino, 'ad intra' e 'ad extra'.
Riguardano la sua capacità di ri-mettersi in sintonia col mondo, (in un periodo storico altrettanto e forse più depresso delle persone in quanto tali), in cui andrebbe recuperata a larghi strati la regale e sublime facoltà della profezia e di una testimonianza radicale e senza riserve. Facoltà di cui la Chiesa, interpretete somma della Parola, dovrebbe avere in sè.
Come il Vangelo insegna. E come non si fa, o si fa poco.
Il finale apre una squarcio sulla crisi, non solo della Chiesa, ma del nostro tempo, delle nostre scelte.
E, vi garantisco, non c'è niente da ridere.

e.c.

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